Con l’entrata in vigore del D.L 27 giugno 2015, n. 83, in attesa che detto decreto venga convertito in legge, al Titolo IV del Libro Sesto del Codice civile è stata introdotta la nuova Sezione I-Bis costituita unicamente dall’art. 2929bis rubricato come segue: “Espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito”.

Il testo del disposto normativo, previsto dall’art. 12 del citato D.L 83/15, così recita: “Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.

Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.

Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore“.

Da un prima analisi della norma si evince come al creditore titolato – ancorché non abbia preventivamente e vittoriosamente esperito l’azione revocatoria volta ad ottenere la declaratoria d’inefficacia dell’atto compiuto dal debitore in pregiudizio delle proprie ragioni creditorie – venga ugualmente data facoltà di procedere ad esecuzione forzata sui beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri che siano stati oggetto, successivamente al sorgere del credito, di un atto a titolo gratuito di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, e come tale mirato a realizzare un’illecita limitazione o riduzione della garanzia patrimoniale generica che la legge impone sia offerta dal debitore chiamato ad adempiere alle proprie obbligazioni.

In favore del creditore, pertanto, viene meno – ai fini del valido esercizio anche verso i terzi dell’azione esecutiva portata dal titolo – la condizione richiesta dall’art. 2902 comma 1 c.c. consistente nel previo ottenimento della sentenza dichiarativa di inefficacia dell’atto compiuto dal debitore in pregiudizio delle regioni ex latere creditoris.

Ma vediamo nel dettaglio quali siano gli elementi richiesti dalla nuova norma affinché la predetta condizione non debba più richiedersi come preventivamente assolta.

Perché il creditore possa agire esecutivamente, anche in assenza di un provvedimento giudiziario di inefficacia dell’atto compiuto in pregiudizio delle di lui ragioni, occorre la concomitante presenza dei seguenti presupposti:

a) che l’atto posto in essere dal debitore:

  • sia cronologicamente posteriore al sorgere del credito per il quale si intende agire esecutivamente: con ciò implicitamente richiedendosi che il credito abbia data certa anteriore all’atto compiuto dal debitore;
  • sia pregiudizievole delle ragioni del creditore: con ciò includendo, a stretto rigore interpretativo, qualsivoglia ipotesi di riduzione, ancorché minima, della consistenza patrimoniale del debitore in relazione all’importo dell’obbligazione da soddisfare;
  • sia a titolo gratuito: con ciò espressamente escludendo ogni immediata facoltà esecutiva concessa al creditore laddove l’atto posto in essere dal debitore rivesta il carattere dell’onerosità (es.: compravendita, permuta, datio in solutum);
  • abbia per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri: con ciò escludendosi dal novero dei beni liberamente aggredibili le partecipazioni societarie, i titoli obbligazionari, le aziende, i crediti verso terzi in genere etc.; 
  • determini la costituzione di un vincolo di indisponibilità su detti beni (es.: le convenzioni matrimoniali di costituzione fondo patrimoniale, gli atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., gli atti istitutivi di trust, le deliberazioni costitutive di patrimoni destinati ad uno specifico affare ex art. 2447 ter c.c. etc.) oppure l’alienazione dei medesimi (es.: le donazioni, i trasferimenti immobiliari in sede di separazione o divorzio, le concessioni di ipoteca volontaria etc.);

b) che il creditore:

  • sia munito di titolo esecutivo (ex art. 474 n. 1, 2 e 3 c.p.c.);
  • abbia trascritto il pignoramento nel termine di 1 anno dalla data di trascrizione dell’atto compiuto dal debitore (con ciò dimenticandosi il legislatore si inserire anche la formalità pubblicitaria d’iscrizione accanto a quella di trascrizione) ovvero, entro 1 anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, intervenga nell’esecuzione da altri promossa.

La norma precisa, inoltre, che qualora l’atto pregiudizievole consista in una alienazione gratuita, il creditore pregiudicato dovrà promuovere l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario di cui agli artt. 602 e ss. c.p.c.

Fin da subito corre l’obbligo di osservare come susciti non poche perplessità la scelta, operata dal legislatore, circa l’utilizzo d’una espressione quanto meno imprecisa laddove ha inteso indicare tra gli atti pregiudizievoli anche la categoria delle “alienazione compiute a titolo gratuito“.

Infatti, posto che, se da un lato con tale accezione parrebbe chiaro l’intento di escludere dal novero degli atti esentati dall’occorrente preventivo esperimento dell’azione di revocazione i negozi traslativi a titolo oneroso quali negozi naturalmente a prestazioni corrispettive, dall’altro, tuttavia,  non si comprende se per alienazioni gratuite debbano intendersi solo gli atti di trasferimento che comportino in favore del beneficiario un vantaggio patrimoniale senza che questi sia onerato di un corrispondete sacrificio patrimoniale o se, in tale categoria, debbano essere ricomprese anche le liberalità (es.: donazioni, legati etc.).

Come noto, invero, il concetto giuridico di liberalità non coincide con quello di gratuità, poiché, diversamente dal negozio gratuito, caratterizzato dall’assenza di qualsivoglia sacrificio patrimoniale per il beneficiario (es.: il mutuo gratuito, il comodato gratuito etc.) il negozio liberale è connotato oltre che dall’arricchimento del beneficiario anche dal complementare impoverimento del disponente.

Vero è che, dovendo l’atto avere ad oggetto beni immobili o mobili registrati, e pertanto, non potendo che consistere in un negozio ad effetti reali (cioè in un negozio che comporti il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale, anche di garanzia, di detti beni), non si vede come un atto di tal fatta non possa che determinare anche l’impoverimento del disponente.

Ma la norma parla di alienazione gratuita, ergo, all’impoverimento del disponente dovrebbe corrispondere anche l’assenza di un sacrificio patrimoniale del beneficiario; motivo per cui non ci si può non domandare sino a che punto debba rilevare la gratuità dell’atto posto in essere?

Si pensi, infatti, all’ipotesi di donazione modale di un immobile, in forza della quale si preveda a carico del donatario l’onere di assolvere ad un’obbligazione di fare o di dare. E’ evidente che una liberalità così congegnata non potrebbe qualificarsi come alienazione gratuita.

Oppure ancora, si pensi alla permuta senza conguagli tra beni immobili o mobili registrati di valore diseguale, o alle ipotesi di negotium mixtum cum donatione: anche in queste ipotesi come potrebbe parlarsi di alienazione gratuita?

Pur auspicando, pertanto, un emendamento correttivo sul punto in sede di conversione, i dubbi interpretativi della norma in discussione non par debbano qui esaurirsi.

Ci si riferisce al fatto per cui il dettato normativo tace completamente in ordine alla sorte dei beni che vengano medio tempore acquisiti (a titolo oneroso o gratuito) dal terzo avente causa del donatario o acquirente a titolo gratuito.

In tal caso l’inefficacia “interinale” dell’atto compiuto dal debitore si riverberebbe anche nei confronti di un eventuale acquirente in buona fede dal terzo? E se si – stante la presenza dell’inciso “il terzo assoggettato a espropriazione” che non parrebbe far distinzione alcuna tra i soggetti qualificabili come terzi – come potrebbe essere costui tutelato?

In buona sostanza, allo stato dell’arte, sarebbe oltremodo rischioso acquistare casa da soggetto che l’abbia ricevuta per donazione da meno di un anno.

Da ultimo, la nuova norma consente al debitore, a qualsivoglia terzo assoggettato ad espropriazione e a ogni altro interessato alla conservazione del vincolo (es.: il figlio, rispetto alla costituzione di fondo patrimoniale compiuta dai genitori; il socio, rispetto alla deliberazione costitutiva di patrimonio destinato ad uno specifico affare; il beneficiary, rispetto all’atto istitutivo di trust, etc.) di poter proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del Codice di Procedura Civile qualora costoro intendano contestare vuoi la sussistenza dei presupposti richiesti affinché il creditore possa agire esecutivamente anche in assenza di sentenza dichiarativa d’inefficacia, vuoi la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

E’ lecito domandarsi il perché il legislatore abbia preferito richiamare integralmente le norme di cui al Titolo V del libro III del codice di procedura civile piuttosto che inserire, in esso, un nuovo capo a ciò dedicato.

E’ evidente, infatti, che le sopracitate ragioni che potrebbero indurre il debitore, il terzo esecutato o chiunque interessato, a promuovere l’opposizione all’azione esecutiva esercitata dal creditore procedente, siano del tutto nuove e diverse da quelle che trovano attualmente disciplina nel codice di rito.

In altre parole, il debitore che, appunto, voglia contestare la sussistenza dei presupposti di cui al nuovo art. 2929 bis c.c., sarà chiamato a promuovere l’opposizione all’esecuzione o a gli atti esecutivi? Ed ancora, il terzo acquirente a titolo gratuito che abbia regolarmente trascritto il proprio atto e che dovesse subire l’espropriazione dovrà promuovere opposizione di terzo pur se la propria qualità di proprietario risulta dagli atti fin da prima del pignoramento?

Ed ancora, l’eventuale pignoramento immobiliare, perfezionato successivamente all’atto pregiudizievole di alienazione gratuita, andrà notificato anche al terzo acquirente? Andrà trascritto contro il debitore principale o contro il terzo acquirente?

Anche in questo caso, dunque, non pare fuori luogo auspicare che i non pochi problemi interpretativi che sorgono dall’analisi della norma possano trovare adeguata soluzione emendativa in sede di conversione del decreto.

Ferme restando tali perplessità, è, tuttavia, chiaro l’intendimento del legislatore di impedire al debitore di evitare o procrastinare artatamente l’esecuzione riducendo la consistenza del proprio patrimonio, così attendendo gli sviluppi processuali (leggasi: la sentenza dichiarativa d’inefficacia dell’atto da questi compiuto) prima di assolvere alla propria obbligazione di pagamento.

Pertanto, in linea con tale scelta legislativa, si è preferito traslare dalla giurisdizione di cognizione a quella  di esecuzione tutti gli accertamenti necessari a che venga data piena validità all’atto compiuto dal debitore, in tal modo ponendo non già a carico del creditore (come originariamente previsto in sede revocatoria) ma a carico del debitore l’onere di provare la mancata sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge – quale nuova ipotesi codicistica di presunzione iuris tantum – perché l’atto compiuto possa ritenersi inefficace nei confronti del creditore procedente.

In sostanza, dunque, il legislatore inserisce un nuova ipotesi di presunzione legale quanto all’inefficacia dell’atto compiuto dal debitore in pregiudizio delle ragioni del creditore; presunzione, peraltro, vincibile  direttamente in sede di esecuzione in esito all’accolta opposizione.

Una presunzione, che – per le ipotesi di cui alla norma – farà di fatto venir meno in capo al creditore più “modesti” intenti di natura semplicemente cautelare.

                                                                                                            Avv. Alessandro Alessio

                                                                                                                         a.alessio@asepartners.it